Tutto parte dall'immaginazione
Immaginiamo per un attimo un mondo con centinaia di nazioni diverse, lingue, culture, storie, miti, leggende, pensieri, arti, scienze, religioni ecc. come se le stessimo guardando dall'alto e in un arco temporale di migliaia di anni. La mente non sarebbe in grado di immaginare tutte queste "cose", compresi tutti gli elementi che le compongono.
Proviamo comunque ad immaginare questi miliardi di elementi costituenti che, in un butterfly effect universale, interagiscono tra loro modificando la realtà in un continuo divenire.
Immaginiamo ancora una dimensione che funzioni da sovrastruttura e poniamo che questa sovrastruttura sia la metafisica, un luogo per collegare idee astratte come "arte", "lingua", "pensiero" ecc. all'idea di "materia".
Immaginiamo ora la dimensione dell'individuo, delle sue percezioni ed il suo bagaglio, composto da una frazione infinitesimale di tutti questi elementi e relazioni.
A questo punto proviamo ad analizzare un insieme di dati senza utilizzare la metafisica per definire il nostro grande insieme, affidandoci esclusivamente alla statistica. Otterremo un'analisi basata sui dati presi in considerazione a monte, cioè su una frazione infinitesimale di tutti i possibili elementi che potevamo scegliere in partenza.
La domanda chiave è: chi ci dice con sicurezza di essere partiti dai dati giusti, dalle giuste relazioni o da buone premesse se i dati sono privi in partenza delle relazioni funzionali che determinano la soluzione da cercare?
Come dire: sappiamo che dobbiamo attraversare il mare, sappiamo che dobbiamo orientarci con le stelle, ma come facciamo a sapere quale sia la relazione tra il porto di arrivo e la stella giusta da scegliere per orientarci se non esiste un dato precedente che ci indichi tale correlazione?
In questo caso i dati danno la certezza di andare per tentativi.
La metafisica, ad esempio, crea collegamenti tra mondi nei mondi, quello che si definisce realtà multidimensionale. Non è dunque possibile utilizzare solo la statistica per definire rapporti multidimensionali tra enti differenti.
Servono strumenti di comprensione del dato che superino la formalizzazione che il dato rappresenta. Il dato infatti rappresenta quantità, ma non ci dice nulla né sulla qualità né sulle relazioni tra gli enti.
Attenzione: credere che i dati forniscano risposte è equivalente ad affermare che un dato sia in grado di generare informazioni senza alcun ragionamento, ovvero che il dato è sempre e comunque autoesplicativo nei confronti della soluzione da trovare. Cosa che non è: il dato è autoesplicativo solo rispetto a sé stesso, cioè al concetto di "quantità".
Le relazioni si instaurano su diversi piani della conoscenza.
Sarebbe come dedurre tutti gli oggetti presenti in ogni appartamento di un grattacielo partendo dall'analisi statistica degli elementi che si trovano in portineria. Piuttosto difficile.
Si potrebbe pensare che l'analisi dei dati diventi veramente efficace analizzando tutti gli appartamenti di tutti i grattacieli ma nella realtà non è possibile fare questo tipo di confronti: l'efficacia deve incontrare l'efficienza per essere realmente funzionale.
È possibile invece confrontare la portineria con tutti i piani e fare le debite proporzioni tra questi piani e tutti i grattacieli di questo mondo? Si, forse, sarebbe possibile.
Più generalmente: può un approccio deterministico, un'istantanea statica della realtà, determinare con sicurezza un sistema che ha natura dinamica?
Gli appartamenti di un grattacielo di NY sono arredati come i grattacieli di Milano? Se si, con quale grado di "affinità" o "corrispondenza", stile, target, colore, ecc. ?
Sistema intercollegato
In un sistema complesso, costituito da infiniti elementi simultaneamente intercollegati, verranno sempre scelti degli elementi di partenza che saranno sempre una parte infinitesimale di un sistema: quella dimensionata all'idea di realtà che si pone in essere come punto di partenza.
La metafisica, ad esempio, ha un dominio di comprensione più generale del sistema: è possibile collegare punti distanti, molto diversi tra loro per qualità, semplicemente salendo di un piano nella dimensione di visione.
Si possono osservare, ad esempio, il rapporto tra certi tipi di portinerie di lusso con i relativi appartamenti. Se una portineria è di lusso possiamo facilmente dedurre che in quel grattacielo ci saranno appartamenti di lusso e quindi arredamenti di lusso.
Questo tipo di correlazione non è quantitativa ma qualitativa. È indipendente dal numero di dati raccolti: il dato può solamente rinforzare o meno l'idea di partenza ma non è l'idea di partenza.
Queste deduzioni di interior design non derivano dall'analisi dei singoli elementi ma da una lettura trasversale della realtà. È un esempio banale, ma per far capire il concetto.
Il parallelo tra portinerie e appartamenti, tra appartamenti e grattacieli è, in proporzione, una proiezione ideale per simmetria, utilizzando rapporti proporzionali, ordini di grandezza e deduzioni.
C'è appunto l'immaginazione di come possano essere arredati questi appartamenti rispetto all'area geografica o ad elementi che ci possono fornire ulteriori suggerimenti, come le auto dei proprietari nei parcheggi privati.
Raccogliendo i dati, avendo cioè elementi proiettivi di questo sistema, avremo sempre supporto ad una realtà infinitesimale in termini di comprensione generale perché la mente tradurrà dal particolare al generale rispetto a premesse prive degli elementi che non sono stati presi in considerazione.
Questo tipo di raccolte dati tenderanno sempre ad instradare e modellare la ricerca operativa sulla certezza e sul volume del numero di dati raccolti, più che sulla relazione/reazione tra gli elementi. In sostanza continuando a cercare l'"unica cosa certa", cioè aumentando il volume dei dati, aumenta l'entropia dei significati che possiamo attribuire a queste relazioni.
Si possono leggere i dati anche in modo trasversale, (non lineare) ovviamente, ma per farlo è richiesta creatività: la questione si complica ulteriormente.
Nel caso del palazzo potremmo dire che l'analisi lineare funziona per un grattacielo? Non è efficiente né efficace.
Se dovessimo comunque procedere in modo "sicuro" (anche se poco efficiente) analizzandone altre per i debiti confronti procederemmo ancora con la stessa analisi o faremmo dei paralleli differenti per evitare di ricalcolare ogni volta le stesse cose? Dipende.
Anche qui si potrebbe affermare che il problema è in realtà di segmentazione (stabilire a monte cosa si può ottenere di "certo"), ma anche la scelta di ciò che dovremmo segmentare è fortemente influenzata dal dato raccolto, dal tipo di dato, dal volume, ecc. per non dire da tutte le "idee" che compongono l'universo (posto che l'universo sia in divenire, ovviamente).
Ipotizziamo ad esempio che un'azienda voglia vendere arredamento in un nuovo mercato. Potremmo basarci sull'analisi delle persone spendenti o del reddito pro capite per capire se è vantaggioso vendere in quella nazione? Risposta secca: no, non avrebbe alcun senso.
Ma come?! Allora le ricerche di mercato sono tutte inutili?
Beh, in buona sostanza si, anche se non tutto è da buttare.
Una nazione, come una città, potrebbe ad esempio avere un reddito pro capite più alto ma i potenziali clienti potrebbero essere distribuiti su un'area più grande (generando indirettamente problemi di logistica) oppure il mercato potrebbe essere già presidiato (bisognerebbe fare analisi) ecc. Ci sono infiniti nuovi dati possibili che possono invalidare la premessa "vado in quel mercato perché è un paese ricco".
Ricerche di mercato come queste sono all'ordine del giorno. Pure i fallimenti delle strategie di vendita e amrketing basate su queste ricerche.
Ci sono aziende che aprono mercati in nazioni praticamente mai nominate dal mainstream. Controintuitivo, ma può funzionare.
Da qui una domanda che implica una deduzione: dove possiamo vendere un prodotto? Salvo i casi assurdi, praticamente ovunque.
Che sia una Porsche o una bottiglia di San Pellegrino il prodotto può arrivare ovunque. Poi, chiaramente, dipende da come e dove ci si vuole posizionare. Ci sono milioni di fattori in gioco: c'è appunto la vision.
Non è una questione di "densità di clienti" e nemmeno di "potenzialità del mercato".
Potrei avere 10.000 potenziali clienti a NY per vendere arredamento, come potrei averne 5 in Etiopia. Avere però 10.000 concorrenti a NY e zero in Etiopia. Basta aggiungere una variabile, una considerazione qualsiasi e lo scenario cambia completamente.
Ci sono talmente tanti di quei fattori invalidanti o che non si tengono in considerazione che ha più senso concentrarsi sulla logica di prodotto e su un marketing di tipo pull: è il cliente a cercare i prodotti, non il prodotto a cercare i clienti.
La realtà è multidimensionale
Nel marketingNDB
tutto ciò che i dati dicono è sempre incompleto o errato.
Quando si comprende che i dati sono una rappresentazione infinitesimale della realtà, che potrebbe fornire qualsiasi indizio, si giunge a comprendere che la realtà non si può astrarre con i dati. Di conseguenza non si possono fare ragionamenti che portino a conclusioni sempre certe.
La realtà universale racchiude tutte le realtà possibili e tutto ciò è evidente ma quando ad un certo punto un nuovo elemento (un nuovo dato), apparentemente inutile e che non era stato preso in considerazione, entra nel sistema tutte le certezze avute fino a quel momento decadono.
Fattori incrementali che invalidano una strategia basata sui dati
Vediamo un esempio: un'azienda produce sedie.
Se nessuno sa che l'azienda esiste, nessuno compra.
Allora crea un sito web bellissimo, che però non possiede una particolarità: non ha impplementato alcuna tecnica SEO, quindi non compare nei motori di ricerca.
Semplicemente quell'azienda non conosceva la SEO.
A questo punto si conosce l'utilità della SEO, che viene aggiunta al progetto per rendere reperibile l'azienda nei motori di ricerca (logica pull di marketing).
Di conseguenza il sito web aumenta le visite ma le conversioni (trasformare un visitatore in cliente) non arrivano.
Come mai? I motivi potrebbero essere diversi: ad esempio nessun designer ha fatto notare a quell'azienda che il prodotto era esteticamente pessimo.
Un'analisi di mercato avrebbe potuto rilevare un prezzo troppo alto rispetto al prodotto, ma come alcuni sanno il concetto di "high ticket" (o prezzo alto, che dir si voglia) è relativo al posizionamento del brand.
Non è quindi così semplice ridurre tutto ad "analisi di mercato" se questo stesso mercato di riferimento non è messo in correlazione con aspetti di posizionamento del brand.
Comunque, ora il sito web c'è, è stata agigunta la SEO, il posizionamento nei motori migliora, il design delle sedie non si sa, il posizionamento del brand boh. Nonostante le visite in aumento grazie a tecniche SEO ci sono poche vendite.
Allora l'azienda inizia a lavorare sul design di prodotto (attenzione: stiamo partendo dal presupposto che ne accorga però... cioè siamo nella migliore delle ipotesi).
Il sito web ancora non decolla perché mentre l'azienda ha impiegato mesi o anni ad analizzare dati i suoi concorrenti hanno stimolato la visione e creato valore. Perché nel web c'è anche il tempo, ed è molto veloce: arrivare velocemente in un mercato online e presidiarlo contempla rapidità di esecuzione non comune.
Allora l'azienda, che si trova un po' in ritardo, cerca di compensare le perdite facendo ads (pubblicità).
E così via.
Lavorare in questo modo diventa un frenetico inseguimento: si analizzano i problemi e si trovano soluzioni quando ormai è troppo tardi. L'analisi dei dati di mercato non aveva evidenziato tutti i fattori invalidanti, ma si era concentrata sulla logica di mercato.
Qui poi si intuisce come siano molto diverse le "analisi di mercato" dalle "analisi di marketing". Spesso le due cose vengono confuse e si fa credere che il marketing sia "un'analisi di un target", cioè di un mercato.
Attenzione: qui la questione non è la differenza tra analisi di mercato e mezzo, ma tra analisi di mercato e disciplina che deve creare mercato.
Il vero marketing, a differenza di quello che si crede (e che professano anche molti "esperti" di marketing), non è "identificare nicchie e mercati".
In 1micron definiamo il amrketing semplicemente come "marketing particellare". Una disciplina che armonizza tecnica e creatività per generare valore: non per cercarlo.
Per 1micron il mercato non si ritaglia dall'analisi: il mercato si crea con il valore.
Il divenire
La realtà è multidimensionale ma soprattutto è in divenire. Ogni nuovo elemento modifica l'idea del sistema che ci siamo formati, posto però che ci si metta in discussione e si abbia la volontà di apprendere e cambiare idea. Questo avviene nel presente, cioè in uno spazio infinito che muta nel tempo.
Ciò che sappiamo del divenire attinge il più delle volte dalla memoria, ciò che non sappiamo è che tutto avviene nel "qui e ora".
Ora vedremo perché non sappiamo veramente cosa avviene nel presente e perché è più opportuno utilizzare un approccio a vision piuttosto che data-driven quando si vuole fare Marketing.
I dati non hanno alcuna memoria
I dati rappresentano un'istanza presente che si è appena archiviata nel cassetto della memoria ma non rappresentano "la memoria".
Le relazioni tra dati mutati nel tempo rappresentano una dimensione dove il significato dei dati passati viene alterato.
I dati quindi possono essere giusti adesso, giusti domani ma comunque sempre errati o incompleti rispetto alle relazioni che devono esprimere. Attenzione ad una sottigliezza: il "devono" dipende dall'obbiettivo della ricerca. Il "possono" è ciò che sono in grado di fare a livello teorico, per "n" obbiettivi possibili.
Altresì informazioni estrapolate con i dati possono rivelarsi errate con l'ingresso di nuovi dati e quindi con la creazione di nuove informazioni. Anche in questo caso le informazioni possono avere infinite combinazioni che possono impattare su tutti gli aspetti del dato.
Il fatto che un dato sia oggettivo non significa nulla rispetto a ciò che il dato deve esprimere.
L'istantanea del dato ci suggerisce una (possibile) informazione statica di un presente in divenire. La mente trasforma il dato in informazioni per ricostruire significati apparenti, cioè indotti o dedotti: mentre tali significati diventano passato i dati e relazioni sono già cambiati, o perché sono subentrati nuovi dati o perché sono comparsi nuovi elementi nel sistema che contemplano altri dati eventualmente utili ma non ancora messi a sistema (o non ancora raccolti fuori dal sistema stesso). Oppure ancora perché certe osservazioni od intuizioni hanno portato alla modifica dell'idea che ci siamo formati sul sistema preso in esame.
Perfino nelle relazioni causa-effetto, ampiamente sostenute dai dati, ci possono essere benissimo delle correlazioni spurie.
Il divenire dei dati, delle relazioni e della loro lettura è dunque un elemento chiave per capire quanto contano i dati: da tutto a niente.
Affermare che i dati rappresentino la realtà è equivalente ad affermare che la realtà non muta nel tempo.NDB
La vision, per contro, punta sempre a generare azioni immediate nel presente, nel "qui e ora". Tali azioni determinano la creazione di nuovi dati.
La differenza sostanziale di questo approccio con quello data-driven è che si può stabilire a monte in modo creativo dove farli convergere: questa è la vision di Marketing.
Qui la differenza tra agire sulla base dei dati ed agire per visione con lo scopo di generare i dati desiderati.
Sono proprio due modi di concepire il Marketing totalmente diversi.
E non è tanto una questione che "servono tutti e due" o che "sono complementari": l'approccio non può essere di tipo complementare. O si parte dai dati o si parte dalla creatività. Bisogna in sostanza scegliere il driver di marketing.
Il vero problema risiede nella comprensione del divenire: è fondamentale comprendere quale tipo di approccio sia meglio utilizzare, perché, cosa implica e soprattutto che gli elementi non considerati possono influire significativamente sulla valutazione, cioè sul risultato.
N.B.: "approccio", non "metodo"...
Il Marketing non è una scienza ma una disciplina
La miglior tecnologia esistente al mondo si chiama "cervello umano".
Tutto però dipende da come è stato sviluppato il cervello nel corso degli anni per giungere a delle conclusioni e formulare ipotesi.
C'è chi parte dai numeri e va a ritroso per ricavare una strategia conformata o circoscritta ai dati, cioè per "deduzione" verosimilmente logica. Chi invece parte dall'identità come chiave per rappresentare il "chi", il "cosa", il "come" ed il resto come conseguenza naturale.
Karl Raimund Popper
Riguardo alle teorie scientifiche Popper sosteneva quanto segue: «È facile ottenere delle conferme, o verifiche, per qualsiasi teoria, se quel che cerchiamo sono appunto delle conferme. Non il possesso della conoscenza, della verità irrefutabile, fa l'uomo di scienza, ma la ricerca critica, persistente e inquieta, della verità. Il nostro compito di scienziati non è di scegliere solo i fatti che confermano una teoria e - per così dire - ripeterla; il metodo scientifico consiste invece nella ricerca di fatti che possano confutare una data teoria».
Come già illustrato da Popper è semplice trovare conferme per una teoria che deve essere confermata.
Tuttavia il vero scienziato non si limita a trovare conferme bensì cerca di confutare la propria teoria in qualsiasi modo possibile ed immaginabile.
La scienza, quella vera, si fonda su questo principio.
Inserire una variabile in un sistema modifica lo stato di quel sistema. Ogni sistema di marketing è per sua natura dinamico. Affrontare un sistema dinamico con un numero di variabili finite, escludendo per esempio quelle variabili che palesano l'indeterminabilità della quantità di altri possibili dati (problema di definizione del campo d'indagine), è un errore di logica o, in altri termini, un errore scientifico-procedurale.
È anche un errore cognitivo, di percezione: si parte dall'assunto che il dominio dei dati presi in esame sia corretto a priori per definire l'ambito della ricerca.
Popper quindi definisce in modo preciso la portata di tale argomentazione osservando il modo in cui si contemplano i dati, le teorie e le valutazioni spostando l'attenzione dalla conferma verso la confutazione. È il problema che lui definisce come "principio di falsificazione."
Ma non è il solo: ci sono altri scienziati, filosofi e menti brillanti che hanno argomentato la stessa cosa, seppur in modi e contesti diversi.
Enrico Fermi
Fermi afferma che «se la tua teoria trova conferma nei dati hai solo effettuato una misurazione. Se invece i dati non confermano la tua teoria hai fatto una scoperta».
Questa "scoperta" è sempre stata li, a disposizione di tutti, da milioni di anni, stipata tra le orecchie. È la capacità di acquisire visione dagli errori: la confutazione per mezzo dei dati genera scoperta.
Domanda: ma un marketer è in grado di dedurre la scoperta da ciò che i dati non confermano? Si, ma se e solo se ha immaginazione.
Nella pratica se i marketer tengono conto di "n" variabili per progettare una strategia cercheranno il più possibile di focalizzarsi su dati provanti, cercando proprio questi.
Così facendo però affermano implicitamente che solo ciò che è stato misurato ha valore.
In pratica si sta affermando che l'idea di William Edwards Deming cit. «Without data you are just another person with an opinion» (trad. «senza dati sei solo un tizio con un'opinione») abbia valore esclusivo, ovvero che solo il dato di conferma possa configurare una scelta corretta. Infatti si dice comunemente "lo provano i dati": una frase che non significa nulla.
La sua frase, tuttavia, può rivelarsi del tutto o in parte vera in contesti a campo ristretto, come una catena produttiva in cui la ciclicità della produzione richieda affinamenti progressivi circostanziati all'industrializzazione di un prodotto, ma non certo nel marketing, una disciplina a schema dinamico che varia la sua configurazione in base al contesto.
L'attività di una catena di montaggio è dunque ripetitiva e sempre uguale a se stessa: il marketing no. Attenzione qui a non confondere le procedure reiterative di marketing (ad esempio quelle di marketing automation) con "il Marketing". Nel primo caso si parla di singole procedure, nel secondo di una disciplina.
In realtà, nel marketing, il numero di variabili prese in esame è un'infinitesima parte delle variabili possibili e misurabili, soprattutto se ci riferiamo al principio di falsificazione di Popper.
Oltre a Karl Popper ed Enrico Fermi possiamo riscontrare analoghe trattazioni in altri illustri autori.
Paul Feyerabend
Nell'opera "contro il metodo", Paul Feyerabend, tratta il problema dal punto di vista della metodologia, occupandosi quindi di filosofia della scienza.
Ludwig von Bertalanffy
Biologo e filosofo esprime in modo eccellente la stessa argomentazione dei colleghi, analizzando però il problema dal punto di vista multidimensionale: «Chiunque tenti, oggi, di applicare categorie causali monodimensionali a sistemi intercollegati non può rivendicare un criterio di scientificità.»
Solo una mente predisposta a comprendere ciò che non viene contemplato può reclamare un principio di scientificità. Questa contemplazione riguarda le categorie intercollegate. Le categorie intercollegate sono come due argomenti apparentemente distinti che però hanno molto in comune. A titolo di esempio potremmo dire che la temperatura (fisica) influisce nella vita dei microrganismi (biologia). Un biologo quindi dovrebbe conoscere anche aspetti di fisica per parlare di temperatura.
Un fisico non potrebbe dire, per esempio, «la vita oltre i 60 gradi centigradi non esiste» semplicemente perché a livello fisico le cellule muoiono. Infatti un biologo potrebbe, senza conoscere la fisica, mostrargli degli organismi che vivono anche al di sopra dei 60 gradi.
Questo esempio banale è per far capire il rapporto intrinseco tra categorie differenti che in realtà risultano essere intercollegate.
In tutti gli altri casi non stiamo più parlando di scienza ma di magia. Riguardo al marketing si configurano spesso aprocci scientifici che di scientifico non hanno nulla. Il solo scopo è di oggettivare la disciplina del marketing per renderla più vendibile, cioè più "concreta", agli occhi di chi dovrà investirci del denaro.
Della serie: "se questa roba è scientifica e basati sui dati puoi pagare e stare tranquillo".
E attenzione: anche nel caso in cui un'analisi basata sui dati suggerisca una buona soluzione non sarebbe comunque sufficiente perché potrebbe trattarsi benissimo di puro caso, al pari di una intuizione, per i motivi sopra espressi.
Potrebbe inoltre portare a soluzioni che si rivelano efficaci solo nel breve termine ma che poi, al mutare del sistema, si rivelano totalmente inefficaci o perfino controproducenti.
Per questo parlare di "dati" su categorie monodimensionali in una disciplina multidimensionale e dinamica è molto pericoloso.
Emilio Del Giudice
Emilio Del Giudice, un grande fisico italiano, sosteneva che un computer è solo una "scatola veloce quanto stupida".
In pratica non ha creatività, non ha visione, non ha intuizione.
È una simulazione.
Un po' come dire di conoscere a fondo la matematica perché "se faccio 2+2 sulla calcolatrice il risultato è 4".
Qui nasce il problema dell'utilizzo di certe tecnologie, come l'IA, utilizzate sia per programmare i cicli della lavastoviglie in modo "smart" sia per progettare meccanismi di marketing complessi o per fare previsioni di mercato.
Rischioso? Nel marketing sicuramente.
Albert Einstein
Il marketing ha una fortissima connotazione creativa. Esempi epici sono riscontrabili, ad esempio, nella pubblicità.
Ma questo vale anche nelle strategie, per esempio in quelle di viral marketing, o nelle tecniche black-hat denominate "clickbait" (un marketing "cattivo/ingannevole" ma che porta comunque un certo tipo di risultati) ecc.
A tal proposito, sempre stando alla definizione di "marketing come scienza", possiamo riflettere su quanto enunciato dall'eminente scienziato cit. «La logica ti porta da A a B. L'immaginazione ti porta ovunque.»
Credo non serva aggiungere altro.
Il Marketing in divenire
Il Marketing dunque è un modo di pensare, che scorre nell'asse del tempo assieme agli eventi dell'azienda.
Un classico esempio di marketing che fa percepire la mutabilità della comunicazione è l'hijack marketing.
L'hijack marketing è una tecnica di guerrilla marketing e si utilizza sfruttando un problema, una news od un evento specifico di un brand (anche il proprio) per compiere azioni fulminee di comunicazione in chiave Marketing.
Altri termini usati sul tema: ambush marketing (imboscata di marketing), newsjacking (basata su una news).
Qui, ad esempio, possiamo vedere uno scambio tra diversi brand su un tweet di Twitter, relativo al down globale di Facebook, che ha coinvolto di riflesso Instagram e WhatsApp.
Ecco come una battuta semplice e simpatica, rivolta indirettamente ad un competitor, può generare enormi quantità di traffico:
La cosa bella di questa battuta è che implicitamente Twitter richiama, con una sottile ironia, il fatto che Facebook abbia "tutti gli utenti del mondo" quindi, di riflesso, rinforza il posizionamento del competitor pur traendone vantaggio.
In questo caso non sarebbe stato possibile generare milioni di views con un tweet di poche parole o usando un metodo data-driven. La rapidità di esecuzione, lo spunto creativo, la capacità di sfruttare un elemento improvviso non potevano essere pianificati.
Un team di marketing potrebbe solo dire "se al nostro competitor succede un problema ricordiamoci di sfruttarlo per fare azioni di guerrilla marketing".
In sostanza bisogna sempre "stare sul pezzo", cioè fare marketing come modo pensare.
Questo, chiaramente, è uno dei mille esempi possibili ma che fa capire come l'approccio mentale al Marketing stabilisca la differenza tra un marketer competente ed uno che non lo è.
Il pensiero-azione della Vision di Marketing
Il punto è che il Marketing non rappresenta un calcolo lineare, non si riduce alla statistica, non è circoscritto dall'analisi: il Marketing è un modo di pensare.
Il Marketing usa diverse leve, le relative tattiche sono infinite, le strategie mai uguali. Per questo serve creatività ed un approccio a vision. Non è una disciplina che si fa con gli Excel. È una disciplina che usa anche gli Excel, più altri 100.000 strumenti differenti.
La vision di marketing viene inibita da approcci analitici che circoscrivono la realtà sulla base di premesse profondamente ed implicitamente incomplete. I dati a disposizione diranno poco o nulla sulle premesse e se parleranno sarà in ritardo, ex-post rispetto alle azioni.
Non a caso chi fa grandi strategie gioca sempre d'anticipo: questa regola, che si usa in battaglia, vale anche per il Marketing.
Ragionando in questo modo si vince la paura di progredire usando la creatività che offre, oggettivamente, meno garanzie quantificabili, se non nel loro effetto. Questo deriva dal fatto che l'essere umano teme l'ignoto: i dati sono "oggettivi" mentre la creatività va compresa con un livello di astrazione nettamente superiore, quindi risulta apparentemente meno concreta.
Ma con i dati la mente subordina la creatività nel tentativo illusorio di perseguire, su infinite strade, l'unico percorso apparentemente oggettivo.
Per contro chi è creativo potrà usare i dati come supporto, ove necessario, camminando con sicurezza anche ad occhi chiusi.
Userà l'olfatto (leggi "fiuto") dove non ci sono indicazioni.
Userà l'udito (leggi "ascolto") per evitare pericoli.
Userà il tatto (leggi "pratica") per aggirare gli ostacoli.
La vista dei dati sarà l'ultimo dei problemi.
Nel marketing le persone competenti sono più interessate a ciò che i dati non dicono perché l'obbiettivo di un vero marketer è quello di potenziare la mente umana per mezzo della visione.